UNA DI LUNA, UN PICCOLO BRANO PER L’ESTATE

ANDREA DE CARLO, UN GRANDE VIAGGIATORE, SCRITTORE ED ASSISTENTE ALLA REGIA DI FEDERICO FELLINI

Margherita Malventi si dedica a una cucina intima e riflessiva nel suo piccolo ristorante a Venezia, nel sestiere di Castello, ed è convinta che la luna le abbia salvato la vita più di una volta. Suo padre si chiama Achille, ha ottantasette anni, è alto un metro e cinquantaquattro, ed è stato uno dei più rinomati chef della città lagunare, finché non ha perso tutto a causa delle sue manie di grandezza. È un uomo rabbioso, in guerra contro il mondo, ma l’invito a partecipare come ospite d’onore a Chef Test, popolarissimo programma televisivo di cucina, sembra offrirgli la possibilità di una rivalsa pubblica. Margherita decide di accompagnarlo a Milano, dove il programma viene registrato, con la speranza assai poco realistica che il viaggio possa dischiudere tra loro una comunicazione che non c’è mai stata.

BRANO DI LETTURA

Il brano scelto per questo mese è estratto da Una di luna, il ventesimo romanzo di Andrea De Carlo. Questa storia comincia davanti la stazione di Venezia Santa Lucia e parla di Achille, ristoratore del sestiere di Castello, e Margherita, la figlia, che partono per Milano per vivere una nuova avventura, tra cucina, relazioni familiari e magia lunare.

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Dopo almeno un quarto d’ora che aspettavo sempre più nervosa sulla riva di pietra d’Istria smussata bianco-gialla subito a sinistra della fermata Ferrovia, la barca verde dei miei con mia madre al timone e mio padre seduto sulla panchetta centrale è finalmente arrivata, attraverso il traffico di vaporetti e barche cariche di scatoloni e fusti di birra e cemento e spazzatura, nell’acqua smossa color giada.
Mia madre ha tolto il gas a cinque o sei metri dalla riva e, anche se la sua espressione era vaga come sempre, ha fatto filare con precisione la barca tra i pali di legno*. Mio padre è subito saltato in piedi, a gambe larghe per compensare l’ondeggiamento, si è aggiustato il cappotto blu, la sciarpa bianca. È alto un metro e cinquantaquattro, un uomo incredibilmente ostinato. Ha ottantasette anni, abruzzese di Pescocostanzo arrivato a Venezia sessant’anni fa, magro come uno stecco, capelli bianchi folti e dritti sulla testa, sopracciglia cespugliose bianche anche quelle, naso a becco che mentre crescevo ho sperato intensamente di non ereditare; pallido perché non gli piace l’aria aperta, pelle quasi trasparente alle tempie, occhi azzurri molto rapidi. Si chiama Achille. […]
“Siamo in ritardo” ho detto, nel tono più calmo che mi veniva. Ho preso la cima che mi ha lanciato mia madre, l’ho tirata per avvicinare la prua alla riva. […] “Grazie tante, Margherita, lo so bene che siamo in ritardo!” ha detto mio padre. Ha una vera ossessione per la puntualità: se deve andare a un appuntamento con i suoi mezzi arriva in anticipo, se è lui ad aspettarti lo trovi innervosito anche quando sei in perfetto orario. Si è chinato a prendere la valigia, un po’ a fatica. Non gli piacciono quelle con le ruote, dice che sono da vigliacchi, e che oltretutto trolley non è un nome italiano, così ne usa una senza, anche se gli spezza le braccia. […]
Ho tirato ancora la cima, ho messo un piede sulla prua per facilitare la discesa. Anche a me essere in ritardo mette in uno stato di agitazione estrema: è una cosa che ho ereditato da lui, tra le tante. Però sono stata zitta, perché con lui una parola sbagliata può fare danni; mi muovo sempre sui gusci d’uovo, con mio padre.
Mia madre si è girata a guardare il traffico nel canale, si è girata a guardare mio padre. Alta, elegante, vaga: è più giovane di lui di ventitré anni, veneziana come me (più di me). Porta ancora i capelli tagliati à la garçonne come quando ero bambina, forse uno dei motivi per cui me li sono fatta crescere lunghi appena ho potuto. Non sembra particolarmente italiana, con quelle proporzioni allungate, quell’ovale del viso, quell’incarnato diafano, quel taglio leggermente obliquo degli occhi.

  • pietra d’Istria: pietra di colore avorio proveniente dalla penisola croata
  • smussata: resa meno spigolosa e tagliente
  • timone: organo di governo di una barca
  • spazzatura: rifiuti, immondizia
  • *sapevi che i pali di legno per indicare la via d’acqua e per ormeggiare le barche in laguna si chiamano bricole?
  • ostinato: testardo
  • stecco: ramoscello, si dice per parlare di una persona molto magra
  • a becco: naso simile al becco degli uccelli, con una grande gobba e la punta rivolta verso il basso
  • cima: corda della barca
  • prua: è la parte anteriore, “davanti”, della barca; la parte posteriore (o “dietro” si chiama poppa
  • chinato: piegato verso il basso
  • vigliacchi: codardi, senza coraggio
  • gusci d’uovo: muoversi sui gusci d’uovo significa relazionarsi con una persona in maniera prudente, attenta e misurata
  • incarnato diafano: espressione del viso sottile, delicata, angelica.

ANDREA DE CARLO

Andrea De Carlo è nato a Milano, dove si è laureato in Storia contemporanea. Ha vissuto negli Stati Uniti e in Australia, dedicandosi alla musica e alla fotografia. È stato assistente alla regia di Federico Fellini, co-sceneggiatore con Michelangelo Antonioni, e regista del cortometraggio Le facce di Fellini e del film Treno di panna. Ha scritto con Ludovico Einaudi i balletti Time Out e Salgari. Ha registrato i CD di sue musiche Alcuni nomi e Dentro Giro di vento. È autore di ventidue romanzi, tradotti in ventisei Paesi e venduti in milioni di copie.

PRINCIPALI LIBRI DELL’AUTORE

  • Treno di panna (1981)
  • Uccelli da gabbia e da voliera (1982)
  • Macno (1984)
  • Yucatán (1986)
  • Due di due (1989)
  • Tecniche di seduzione (1991)
  • Arcodamore (1993)
  • Uto (1995)
  • Di noi tre (1997)
  • Nel momento (1999)
  • Pura vita (2001)
  • I veri nomi (2002)
  • Giro di vento (2004)
  • Mare delle verità (2006)
  • Durante (2008)
  • «L’imperfetta meraviglia» (2016)
  • Una di Luna (2018)
  • Villa Metaphora (2019)
  • Il Teatro dei sogni (2020)

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