UNA RICETTA CON STORIA

VELLUTATA DEI GONZAGA

LA CUCINA MANTOVANA RAPPRESENTÒ UN PUNTO DI RIFERIMENTO IN EUROPA

Mantova è una città dove la cucina è (anche) cultura, con radici importanti che tanti ignorano, espressi perfettamente dalla filosofia ‘Di popolo e di corte’ che animò il periodo d’oro dei Gonzaga. Tra il XV e il XVII secolo, la cucina mantovana rappresentò un punto di riferimento in Europa: i cuochi del Ducato furono i primi a saper coniugare piatti decisamente popolari con quelli elaborati, creando una scuola di pensiero gastronomico, codificata da Bartolomeo Sacchi. Il suo trattato ‘De honesta voluptate et valetudine’, pubblicato a Venezia nel 1474, si diffuse in tutte le corti e al di là delle grandi ricette conteneva una novità assoluta: insegnava l’uso delle risorse del territorio, a seconda delle stagioni, anticipando concetti oggi abituali.

La corte, grazie a cuochi straordinari come Bartolomeo Stefani – autore nel 1662 de “L’arte di ben cucinare”, uno dei primi testi sacri della cucina italiana- preparava banchetti sontuosi, utilizzando il meglio del territorio. Il popolo viveva di zuppe ma aveva le sue specialità come il lardo pestato con prezzemolo e aglio, buonissimo con la polenta, o il risotto alla ‘pilota’, che ancora oggi è il banco di prova di ogni cuoco mantovano di nome o di fatto. Niente a che fare con la guida: questo piatto deve il nome agli operai addetti alla pilatura del riso chiamati appunto “piloti”: è riso Vialone Nano cotto per assorbimento, condito con salamella mantovana e grana. Per la cronaca, la ‘capitale’ di questo piatto è considerata Castel d’Ario – borgo distante 20 km dalla città dove è nato Tazio Nuvolari – dove ha ricevuto una De.Co. a difesa della ricetta.

E poi si passa ai tortelli di zucca su cui ogni angolo di Padania – da Ferrara a Crema – vanta la superiorità. “E’ divertente constatare che man mano che procedi da Est verso Ovest, aumenta la componente di amaretti e mostarda – spiega Antonio Santini, mitico patron del Tre Stelle Michelin Dal Pescatore, che si trova a Canneto sull’Oglio, a sud di Mantova – mentre da noi la zucca e il Parmigiano Reggiano hanno più peso.” La carta dei Santini ha altri richiami al territorio come il pesce d’acqua dolce che i principi facevano arrivare dal Garda quando non lo recuperavano tra Oglio e Mincio o dai tre laghetti interni. “Proponiamo il luccio in bianco con la salsa o i gamberi di fiume. Un altro grande piatto è il risotto con i filetti di pesce gatto ed erba cipollina: sono ottimista, tra qualche anno lo torneremo a pescare dall’Oglio, come un tempo: le nuove generazioni sono molto più attente al territorio e all’ambiente”.

UN PO’ DI STORIA

Dovete sapere che i Gonzaga, signori di Mantova, una delle più note famiglie principesche d’Europa, protagonisti della storia italiana ed europea dal 1328 al 1707, non si erano sempre chiamati così e non erano di famiglia nobile.

Il loro vero cognome era Corradi, divenuto poi Gonzaga perché risiedevano in quel paese di campagna del basso mantovano.

In questa famiglia, divenuta molto ricca grazie all’allevamento di cavalli di razza e con possedimenti di terreno molto estesi, il primo ad ottenere il potere fu un certo Luigi.

Costui, all’alba del 16 agosto 1328 mandò all’interno della città alcune truppe dell’esercito di Mantova e di Verona al comando dei figli Guido, Filippino, Feltrino e del genero Guglielmo.

I soldati ricevettero l’ordine di vestirsi da mercanti, mendicanti e viandanti e di radunarsi all’alba in piazza Sordello. Così fecero e, mentre la popolazione di Mantova doveva ancora svegliarsi, ad un cenno dei comandanti i soldati iniziarono a gridare “Viva Gonzaga e Paserino mòra” (Viva i Gonzaga e Passerino muoia); quest’ultimo era il soprannome di Rinaldo Bonacolsi, allora signore di Mantova.

Costui, non capendo bene cosa stesse succedendo e credendo si trattasse di ragazzacci, uscì imprudentemente in piazza, orgogliosamente seduto sul suo destriero, pensando che la sua presenza sarebbe stata sufficiente a placare la rivolta. Venne invece trafitto da una freccia lanciata da Albertino da Saviola, fedelissimo dei Gonzaga.

Rientrò velocemente a palazzo, ma arrivato sulla soglia, il cavallo ebbe un brusco sussulto e Passerino, abbandonato sulla sella a causa della ferita, morì sbattendo la testa contro lo stipite della portone.

Per celebrare la vittoria Luigi Gonzaga ordinò che in chiesa venisse cantato un “Te Deum”.

La leggenda vuole che mentre Luigi I assisteva alla funzione, si avvicinò a lui una vecchina, che in realtà era una strega, la quale gli predisse che i Gonzaga avrebbero avuto fortuna fintantoché avessero tenuto con sé un esponente dei Bonacolsi.

Luigi allora, che non aveva nessuna intenzione di tenere presso di sé alcun discendente dei suoi nemici, escogitò un ingegnoso stratagemma per soddisfare le richieste della vecchina: fece imbalsamare il cadavere di Passerino e lo tenne nel palazzo Ducale come portafortuna.

Si dice poi, che l’ultima duchessa dei Gonzaga, impressionata da quel cadavere mummificato che si trovava in bella vista nel castello di San Giorgio, lo fece gettare nel Mincio, decretando così la fine della dinastia di questa famiglia e del loro potere sulla città di Mantova

RICETTA VELLUTATA DEI GONZAGA

VELLUTATA DEI GONZAGA

450 g di zucca

2 tuorli

50 g di farina di mandorle

8 dl di brodo vegetale

2 arance

parmigiano reggiano grattugiato

pane tostato

cannella in polvere

qualche rametto di coriandolo

50 g di burro

aceto di vino bianco

sale e pepe

Lavate la zucca, provatela dei semi, ricavate dal bordo qualche fettina con la buccia e tenetela da parte. Eliminate la scorza dalla zucca rimasta, tagliate la polpa a pezzetti, copriteli con il brodo caldo e fate sbollire per 12-15 minuti, mescolando di tanto in tanto, finché la zucca comincerà a disfarci. Frullate la zucca con il mixer a immersione.

Scaldate in una padella 30 g di burro e tostatevi la farina di mandorle; unitevi la crema di zucca preparata, mescolate, scaldate la vellutata ottenuta e, se necessario, diluitela con 1 mestolino di brodo caldo.

Lavate la arance e grattugiate 1 cucchiaino di scorza. Spremetele e unite il succo alla vellutata. Un attimo prima di toglierla dal fuoco, incorporate i tuorli; salate, pepate, unite anche la scorza d’arancia e spegnete.

Fate fondere in un padellino antiaderente il burro rimasto con lo zucchero e l’aceto. Quando lo zucchero si sarà sciolto e risulterà ambrato, fatevi caramellare le fettine di zucca tenute da parte per circa 1 minuto.

Distribuite la vellutata in ciotole individuali e completate con le fettine di zucca caramellate, un pizzico di cannella e il coriandolo. Servite con il pane tostato e il parmigiano grattugiato a parte.

Buon appetito !!!

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